
Un proiettile, una radiografia, una morte evitabile: la banalità del genocidio
2/7/2025
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Abd al-Karim al-Kahlut è morto dissanguato per un proiettile che non sarebbe stato letale in nessun altro luogo del mondo. In un ospedale qualunque, bastava una TAC. Ma a Gaza, dopo quasi due anni di assedio e distruzione, anche l’evidenza medica è un privilegio. La sua storia – raccontata con cruda precisione da Haaretz – non è un’eccezione: è la regola spietata di una macchina bellica che ha spento la sanità per logorare la sopravvivenza stessa.
Al-Kahlut era un metalmeccanico. Aveva messo da parte i soldi per aprire una piccola officina. Poi è arrivata la guerra, e con essa la fame. Ha provato a ottenere del cibo in uno dei centri di distribuzione dell’agenzia “umanitaria” sponsorizzata da Israele e Stati Uniti, nonostante fosse noto da settimane che i soldati aprono il fuoco anche lì. Ferito ai glutei, non sembrava grave. I medici lo hanno rimandato a casa. Nessuna TAC. Nessun tempo. Nessuna energia. Un giorno dopo, è morto.
I centri di distribuzione come quello di Netzarim violano ogni principio umanitario: costringono i civili a spostarsi verso il cibo, esponendoli al fuoco israeliano. Nessuna ONG indipendente avrebbe mai accettato un meccanismo simile. Ma l’Occidente ha firmato in calce. E quando Haaretz ha denunciato i morti attorno agli aiuti, Netanyahu e Gallant hanno parlato di “calunnie”, salvo poi installare nuove recinzioni: confessioni travestite da misure preventive.
Oggi a Gaza si muore per fame, per infezioni, per mancanza di diagnosi. Si muore come Abd al-Karim, lasciando due bambine senza padre e un padre cardiopatico senza medicine. A chi resta, non resta che il dolore.
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Al-Kahlut era un metalmeccanico. Aveva messo da parte i soldi per aprire una piccola officina. Poi è arrivata la guerra, e con essa la fame. Ha provato a ottenere del cibo in uno dei centri di distribuzione dell’agenzia “umanitaria” sponsorizzata da Israele e Stati Uniti, nonostante fosse noto da settimane che i soldati aprono il fuoco anche lì. Ferito ai glutei, non sembrava grave. I medici lo hanno rimandato a casa. Nessuna TAC. Nessun tempo. Nessuna energia. Un giorno dopo, è morto.
I centri di distribuzione come quello di Netzarim violano ogni principio umanitario: costringono i civili a spostarsi verso il cibo, esponendoli al fuoco israeliano. Nessuna ONG indipendente avrebbe mai accettato un meccanismo simile. Ma l’Occidente ha firmato in calce. E quando Haaretz ha denunciato i morti attorno agli aiuti, Netanyahu e Gallant hanno parlato di “calunnie”, salvo poi installare nuove recinzioni: confessioni travestite da misure preventive.
Oggi a Gaza si muore per fame, per infezioni, per mancanza di diagnosi. Si muore come Abd al-Karim, lasciando due bambine senza padre e un padre cardiopatico senza medicine. A chi resta, non resta che il dolore.
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