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Matteo Salvini ha deciso che il congresso della Lega sarà un plebiscito su se stesso. Il primo della sua era, nella fortezza blindata di Firenze. Il leader vuole evitare sorprese e si affida al metodo più sicuro: un solo candidato, lui. Ma se l'assenza di rivali dovrebbe garantire un'elezione senza scossoni, i malumori interni sono più forti che mai.
E proprio per domarli, Salvini si aggrappa a una mossa disperata: portare dentro Roberto Vannacci. Un ex generale, idolo dell’estrema destra, inviso a Bruxelles e mal sopportato dai dirigenti leghisti. Non ha nemmeno la tessera, ma Salvini è pronto a offrirgli una poltrona da vicesegretario pur di evitare che si metta di traverso. Una forzatura che ha già prodotto scossoni: la responsabile organizzativa toscana si è dimessa, le tensioni con l’ala lombarda e veneta aumentano e persino nel partito c’è chi storce il naso. Perché Vannacci, con il suo estremismo, è più un elemento di instabilità che una risorsa.
Salvini, in affanno, cerca di tenere insieme un partito che si sfilaccia. Calderoli prova a riorganizzarlo con un nuovo statuto, il consiglio federale si allarga per dare spazio al Sud, ma la verità è che la Lega è ormai un partito senza un’identità chiara. I veneti vedono il congresso come una perdita di tempo, i lombardi osservano con sospetto l’ennesimo tentativo di Salvini di rafforzarsi con manovre azzardate. Il leader gioca d’azzardo con Vannacci, sperando che basti un nome a placare il malcontento. Ma il rischio è altissimo: se l’ex generale dovesse diventare ingombrante, la gestione interna del partito potrebbe trasformarsi in un caos ancora più ingestibile.
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Salvini, in affanno, cerca di tenere insieme un partito che si sfilaccia. Calderoli prova a riorganizzarlo con un nuovo statuto, il consiglio federale si allarga per dare spazio al Sud, ma la verità è che la Lega è ormai un partito senza un’identità chiara. I veneti vedono il congresso come una perdita di tempo, i lombardi osservano con sospetto l’ennesimo tentativo di Salvini di rafforzarsi con manovre azzardate. Il leader gioca d’azzardo con Vannacci, sperando che basti un nome a placare il malcontento. Ma il rischio è altissimo: se l’ex generale dovesse diventare ingombrante, la gestione interna del partito potrebbe trasformarsi in un caos ancora più ingestibile.
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