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“Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa; è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità civile del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica non sapremo governarci, e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero, o sotto la dittatura di uno dei suoi”, scriveva nel suo celebre Diario il partigiano ebreo torinese Emanuele Artom, catturato sulle montagne piemontesi e ucciso, a soli 28 anni, dai nazifascisti nel marzo del 1944. A lui è dedicata l'ultima puntata di pagine di letteratura, in cui il critico Alberto Cavaglion ricorda quanto la lucidità e le idee di Artom avrebbero potuto dare all'Italia della ricostruzione.
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