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A Tel Aviv non vengono puniti gli stupratori, ma chi prova a mostrarne le prove. L’avvocata militare israeliana che aveva autorizzato la diffusione dei video degli abusi dell’Idf sui prigionieri palestinesi è stata rimossa dal suo incarico: la verità, in Israele, è trattata come un atto di tradimento e chi collabora con i giudici internazionali diventa subito un problema politico. È lo stesso schema che ha ucciso il chirurgo Adnan al-Bursh, morto dopo essere stato torturato e violentato in carcere. Si eliminano i testimoni, non i carnefici.
Mentre il governo di Netanyahu sventola la tregua come un successo diplomatico, i numeri raccontano altro. Durante il cessate il fuoco sono entrati a Gaza solo 3.203 camion di aiuti, circa il 24% di quanto promesso. I camion di carburante, indispensabili per ospedali, desalinizzatori e forni, sono stati appena 115 su 1.100. Un decimo. È la fame amministrata come arma, la pace ridotta a punizione collettiva e a messaggio: chi resiste verrà affamato anche sotto la bandiera dell’ONU.
Nella Cisgiordania occupata i coloni attaccano i contadini di Kafr Qaddum e Beit Lid, bruciano i campi sotto la protezione dell’esercito. A Gaza ovest due bambini, Fahd e Abdullah Nour, sono esplosi su un ordigno lasciato tra le macerie. L’81% degli edifici è distrutto, eppure si continua a contare solo i camion, come se la sopravvivenza fosse una partita contabile e non una città che prova a restare viva.
L’Onu parla di «violazione deliberata» degli accordi e i Paesi arabi avvertono che, se Israele resterà dentro Gaza con le sue unità e con i suoi coloni, la tregua è già finita. Sembra così ovvio: non c’è tregua quando la fame diventa metodo, la terra viene erosa ogni giorno e la verità è un crimine da licenziamento.
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Nella Cisgiordania occupata i coloni attaccano i contadini di Kafr Qaddum e Beit Lid, bruciano i campi sotto la protezione dell’esercito. A Gaza ovest due bambini, Fahd e Abdullah Nour, sono esplosi su un ordigno lasciato tra le macerie. L’81% degli edifici è distrutto, eppure si continua a contare solo i camion, come se la sopravvivenza fosse una partita contabile e non una città che prova a restare viva.
L’Onu parla di «violazione deliberata» degli accordi e i Paesi arabi avvertono che, se Israele resterà dentro Gaza con le sue unità e con i suoi coloni, la tregua è già finita. Sembra così ovvio: non c’è tregua quando la fame diventa metodo, la terra viene erosa ogni giorno e la verità è un crimine da licenziamento.
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